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    ...AMMIRAGLIO MAGGIORE DEL MAR OCEANO,
    VICERÉ E GOVERNATORE DELLE TERRE CHE
    DOVESSE SCOPRIRE...

    by GIANCARLO V. NACHER MALVAIOLI

    CAPITOLO V

    LA SPAGNA NEL SECOLO XV-CASTIGLIA E ARAGONA-LA CADUTA DI GRANADA-L'INQUISIZIONE-L'ESPULSIONE DEGLI EBREI E DEI MORI-LA CIVILTÀ ARABA-I RE ISABELLA E FERNANDO

    La penisola iberica, dopo la prima metà del secolo XV, era divisa in cinque regni indipendenti: la Castiglia, l'Aragona, la Navarra, lo Stato moro di Granada (1) e il Portogallo. Le comunicazioni erano scarse, il territorio era in maggior parte arido e sterile, scarsamente adatto all'agricoltura intensiva. I suoi abitanti non possedevano un sentimento d'unità nazionale, né un'omogeneità linguistica. La borghesia, base del mercantilismo e del capitalismo, fu schiacciata sul nascere dal sistema feudale dei nobili e posteriormente, attraverso i secoli, dalla monarchia, interrompendo o ritardando quell'evoluzione che si riscontrava nelle altre grandi nazioni europee. Ovviamente questa politica s'impiantò anche nelle colonie, per continuare poi nelle nuove nazioni indipendenti dell'America Latina.

    Soldati, 'hidalgos'(2), funzionari reali e commercianti non riuscirono a formare una borghesia americana numerosa e solida, con coscienza di classe, solo un esiguo numero di borghesi s'arricchi smisuratamente e formò la nueva 'nobiltà' del potere. Questi nuovi aristocrati del denaro (latifondisti, alti funzionari reali e grandi commercianti) presero la mentalità e i sistemi degli antichi signori feudali, e per nulla borghesi, soprattutto di quella nuova borghesia che era nata al tempo della diffusione degli ideali delle rivoluzioni francese ed americana (3).

    Gli storiografi sono d'accordo nell'affermare che in Spagna non si formò mai una classe media che rappresentasse la maggioranza degli abitanti, ma una esigua élite di privilegiati, una borghesia racchitica che contrastava con la massa miserabile del popolo (4), in un clima di corruzione generale che si manifestava nel suo doppio aspetto: per alcuni privilegiati come mezzo di estorsione e per la immensa maggioranza come estrema possibilità di sopravvivenza.

    In Spagna la conquista dell'America beneficiò momentaneamente la nobiltà, aumentando i suoi patrimoni, ma molto presto cominciarono a diminuire e a sparire a causa dei debiti, dell'indolenza e della loro incapacità d'investire in industrie, finanze e commercio. Anche la Chiesa ebbe un immenso potere in Spagna così come in America.


    Nel 1469 la castigliana Isabella di Trastámara sposò Fernando d'Aragona. Isabella era salita al trono di Castilla nel 1474, erede del suo fratellastro Enrico l'Impotente. Fernando aveva ricevuto il trono d'Aragona da sua padre Giovanni II, morto nel 1479.

    Il regno di Castiglia aveva circa sei milioni d'abitanti, Aragona 850.000, cosicché nella teorica unione dei due regni, risultava evidente la superiorità di Castiglia a causa del numero dei suoi abitanti. Il 2 o 3% della popolazione castigliana possedeva il 97 o 98% delle terre, l'80% dei suoi abitanti erano contadini poveri e un 10% erano persone emarginate dato che erano stranieri o schiavi. I diritti dei mori e degli ebrei erano limitati e bisogna considerare che il 30% degli abitanti delle città erano ebrei o discendenti di famiglie ebree.

    Lo storiografo italiano Lucio Marineo scrisse che in Castiglia un terzo delle rendite apparteneva alla Corona, un altro all'alta aristocrazia (la piccola aristocrazia in generale era povera e spesso miserabile) e il resto alla Chiesa (5).

    L'unione della Castilla con l'Aragona era solo nominale, i due regni conservarono la loro moneta, le loro leggi, istituzioni, lingua, dogane, e i cittadini di un regno erano considerati stranieri nell'altro.

    Dopo otto secoli di dominio arabo la riconquista spagnola aveva relegato i mori in un piccolo regno di mezzo milioni d'abitanti, a Granada e territori circostanti, con il mare alle spalle. Gli spagnoli cercavano di conquistare anche questo ultimo basione arabo, dieci anni durò la guerra. Nel 1487 era caduta Malaga e tutta la sua popolazione di 15.000 abitanti fu venduta come schiava, dato che non aveva potura pagare l'esorbitante riscatto. Finalmente la fame e le discordie interne dettero il colpo di grazia anche a Granada. L'ultimo suo monarca, Boabdil aprì le porte dell'Alhambra ai soldati spagnoli, tradendo il suo stesso popolo. Era il 2 gennaio del 1492. Gli spagnoli contraccambiarono generosamente il favore permettendo a tutti gli abitanti di Granada di conservare le loro proprietà, religione, usi e leggi. Peccato che molto presto gli spagnoli si rimangiarono... tale generosità (6).

    Dopodiché i Re centralizzarono il potere, limitando quello dei nobili (si demolirono castelli di ogni nobile che aiutava o proteggeva i banditi, molti di questi furono catturati e impiccati negli alberi più a portata di mano). Contemporaneamente si fomentò la cultura cortigiana, circondandosi di umanisti italiani, il più importante dei quali fu Pietro Martire d'Anghiera, spagnolizzato in Pedro Mártir de Anglería. Sforzondosi di unificare i popoli della penísola, così diversi per tradizioni, razze, religioni, classi e caste, i Re fecero ricorso alla soluzione apparentemente più facile, che fu quella di obbligare tutti a convertirsi al cristianesimo.L'inquisizione, di stampo tipicamente spagnolo e al servizio dei Re, fu lo strumento per raggiungere tale scopo, o meglio, i fini, dato che con la confisca del beni degli 'eretici' o cattivi cristiani s'aumentava il patrimonio della Corona.

    Gli ebrei e i mori que non vollero convertirsi furono espulsi dalla Spagna, mentre quelli che si convertirono furono spesso accusati dall'inquisizione (7), sospettati di conservare segretamente i riti della loro religione anteriore. Con queste disposizioni e misure si dette un colpo mortale al commercio, che nella sua maggioranza era in mano di ebrei ed arabi, e all'agricoltura, quasi tutta in mano degli arabi, en anche all'economia e alla nascente borghesia. Gli arabi, e in minor misura gli ebrei, avevano sviluppato l'industria, l'allevamento del bestiame, la scienza, la filosofia e l'arte. Gli storiografi hanno dimostrato che gli arabi, a quel tempo, erano più civili e progressisti degli europei in generale, e molto di più degli spagnoli (8). Solamente nella città di Cordova, al tempo degli arabi, esistevano più di 300 bagni pubblici, che non usavano mai i cristiani dato che consideravano il bagnarsi un'abitudine pagana e peccaminosa da evitarsi. Non poche erano le persone che si vantavano di non essersi bagnate mai durante la loro vita. Le strade di Cordova erano pavimentate già nel secolo X, mentre Parigi e Londra dovettero aspettare la loro pavimentazione altri settecento anni... Cordova possedeva varie biblioteche che possedevano mezzo milione di libri in totale, mentre nel resto d'Europa se ne contavano solamente un migliaio. Gli arabi e gli ebrei trasmisero la cultura greca all'Occidente, che aveva perduto ogni contatto con il passato a causa delle invasioni barbariche.

    La cultura filosofica e scientifica della Grecia, Persia e l'India giunse così in Spagna, a volte arricchita da concetti originali dei filosofi arabi, mentre le università arabe erano frequentate anche da studenti europei, asiatici e africani. Tutto ciò lasciò un'influenza nelle letterature europee, ed anche nelle primitive forme delle lingue nazionali, senza tralasciare la musica e l'architettura. Impulsando l'industria gli arabi svilupparono la fusione dei metalli, impiantando a Toledo la fabbricazione delle armi bianche, già celebri a Damasco. In agricultura introdussero l'irrigazione e la coltivazione della canna da zucchero, degli agrumi, delle pesche, delle arance che portarono dall'India. Il commercio prosperò e importavano ed esportavano in ogni angolo del mondo conosciuto. Tutto ciò scemò e in molti casi sparì completamente dopo le persecuzioni ed espulsioni. Mentre in Africa e in Asia, dopo la conquista e dominazione turche, anche lì gli arabi caddero a poco a poco nell'oscurantismo e in un retrocesso culturale.

    In Spagna si consolidò una burocrazia così rapace come inefficiente, le cariche politiche e amministrative non si assegnavano con relazione ai meriti, ma per amicizia, simpatia, nepotismo o convenienza. Il commercio e la industria erano considerati indegni ed erano tollerati appena; l'esercito e il sacerdozio erano le uniche professioni degne per chi non possedeva ricchezze personali.

    ======================================

    Isabella di Trastámara, conosciuta piu tardi come Isabella la Cattolica, nacque nel 1451, figlia d'Isabella del Portogallo che morì pazza (9). Fernando d'Aragona, suo cugino (10), marito e conosciuto come Fernando il Cattolico, nacque nel 1452. Si sposarono facendo circolare la voce che avevano già ottenuto la dispensa papale, ma non era vero, era stata solo richiesta, e la consegnò loro il cardinale Rodrigo Borgia (il futuro papa Alessandro VI), tre anni dopo.

    Ebbero un figlio, don Giovanni, Principe delle Asturie, che morì giovane e quattro figlie (11).

    Si è scritto e discusso molto a proposito di questi due Re, anche per chiarire chi dei due comandava realmente, chi prendeva le decisioni più importanti del Regno, includendo quella di autorizzare i viaggi di Colombo. Ma ancora si continua a discutere.

    In ogni modo Fernando era il Re consorte, odiato dalla nobiltà castigliana, mentre Isabella, chiusa nella sua superbia, si dava le arie di essere lei il Re e la Regina, ma di fronte al popolo piaceva loro annunciare, sebbene formalmente, che la loro unione era perfetta tanto nel potere come nel comando, e ordinarono di collocare, nelle bandiere del Regno, gli stemmi con le torri di Castiglia alternandoli a quelli dei leoni d'Aragona, con il motto: “Tanto importa, importa tanto Isabella come Fernando”. Motto abbastanza pacchiano, ma che deve aver gonfiato d'orgoglio i petti della massa del popolo di quell'epoca. Tutti e due i Re, come d'altra parte tutta la nobiltà spagnola, avevano antenati ebrei e mori (12).

    Isabella era gelosissima, energica, impulsiva, orgogliosa, lungimirante, fanatica religiosa e qualcuno le ha notato anche un'accentuazione isterica.

    Il cronista della Corte, l'italiano Marineo Siculo scrisse che era vanitosa, le piacevano gli onori e la fama.

    In cambio Fernando era tipicamente catalano: pratico, semplice, negoziante, donnaiolo, infatti –malgrado la continua sorveglianza d'Isabella –ebbe diversi figli bastardi, tra i quali Alonso d'Aragona, archivescovo di Saragozza. Si dice che fu anche un politico perfido e volubile. Marineo Siculo aggiunse che aveva un'ottima memoria e intelligenza, e desiderava essere scrittore, ma fu obbligato a dedicarsi alle armi.

    Francesco Guicciardini scrisse: “Che gran differenza tra il dire e il fare di questo Principe e con quale astuzia e premeditazione prepara i suoi piani”. Come ogni uomo politico non aveva infatti molti scrupoli, lui stesso affermava con vanto e malizia: “Il Re di Francia si lamenta che io l'ho ingannato due volte. Questo sciocco mente, infatti l'ho ingannato sedici volte, e forse di più”. Neppure Machiavelli si dimenticò di lui: “Nulla merita più stima per un principe che le grandi imprese e le azioni rare e meravigliose. Di ciò ne fa fede, nel nostro tempo, un ammirevole esempio in Fernando d'Aragona. E attualmente monarca di Spagna. Possiamo considerarlo come un principe nuovo, dato che da Re debole che era arrivò ad essere il primo monarca della Cristianità per la sua fama e gloria. Infatti se consideriamo le sue imprese le troviamo tutte grandiose, e alcune perfino straordinarie. Iniziò il suo regno conquistando Granada, che gli servì come punto di partenza della sua grandezza. Obbligó la nobiltà castigliana a preoccuparsi, prepararsi e combattere, distraendola e allontanandola da conflitti interni, intrighi e desideri d'innovazioni, e, facendo ciò, riuscì a dominarla senza che se ne rendesse conto, ricevendone una grande stima. Potè subito, col denaro della Chiesa e del popolo, mantenere eserciti e, grazie a una guerra prolungata, formare buoni soldati, che gli dettero prestigio come capitano. Inoltre, sempre con la scusa della religione, e con lo scopo di effettuare maggiori imprese, ricorse ad un espediente di crudeltà devota ed espulsò ebrei e mori dal suo regno. Non si può immaginare niente di più crudele e, allo stesso tempo, più straordinario di ciò che fece. Più tardi sotto la stessa scusa della religione si diresse verso l'Africa, cominciò la conquista d'Italia e attaccó la Francia. Eseguì di continuo grandi imprese che furono ammirate dal suo popolo. Macchinava imprese su imprese in tal modo che non lasciavano il tempo ai governanti neppure di respirare, e tanto meno per pensar in tramare contro di lui”.

    NOTE

    1. Nel 1479 si decretò l'unione della Castiglia con l'Aragona, nel 1492 l'incorporazione di Granada al Regno e, nel 1512, l'integrazione della Navarra. Nel 1519 si parlò per la prima volta del Regno di Spagna, quando l'abile ministro italiano Mercurino Gattinara, il quale diresse la politica dell'Impero fino alla sua morte, proclamó Carlo V 'Re Romano, Imperatore Romano Eletto, sempre Augusto, Re di Spagna, di Sicilia, di Gerusalemme, delle Baleari, delle Canarie e delle isole del continente dall'altra parte dell'oceano, Arciduca d'Austria, Duca di Borgogna, del Bramante, della Stiria, della Carinzia, della Carniola, del Lussemburgo, di Limburgo, d'Atene e Patràs, Conte d'Absburgo, delle Fiandre, del Tirolo, Conte palatino della Borgogna, dell'Hainaut, di Ferrette, del Rossiglione, Landgrave d'Alsazia, Principe della Svevia, Signore in Asia e Africa”.
    2. L'hidaldo (hijo de algo) che significa 'figlio di qualcosa', cioè di gente ricca, possidente, ma rimasto senza nulla, dato che solo il primogenito riceveva tutta l'eredità familiare. Cosicché l'hidalgo doveva crearsi la sua propria fortuna nelle guerra di riconquista in Spagna (contro i mori) e di conquista in Italia e in America.
    3. Questa situazione, dovuta a tutta una serie di circostanze storiche e climatologiche, rispecchia il carattere dei castigliani di quel tempo, il quale somigliava a quello dei siciliani del secolo XIX, come lo descrive Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo “Il Gattopardo”.
    4. Facendo un paragone con il secolo XX: nel 1931 in Spagna c'era il 50% di analfabeti, 20.000 persone possedevano la metà della terra. Nell'esercito c'era un ufficiale per ogni seis soldati e un generale per ogni cento. Nel 1936 il cacichismo e la corruzione dominavano in ogni campo.
    5. Un altro paragone col secolo XX: nel 1936 la Spagna aveva trenta milioni d'abitanti, dei quali il 70% si dedicava all'agricoltura. Degli unici milioni di popolazione attiva, otto erano poveri, due milioni formavano la classe media e un milione erano i privilegiati. L'industria e le finanze erano, nella loro maggioranza, in mano straniera.
    6. Boadbil firmó un patto secreto con i re Isabella e Fernando, determinando la resa di Granada in un tempo fissato. Nel patto, firmato a Santafé, si permetteva a Boadbil e alla sua famiglia e discendenti, il diritto di conservare il patrimonio reale e i possessi personali; gli sarebbero stati consegnati trentamila castigliani d'oro. Come le promesse fatte a Colombo nemmeno queste furono rispettate. L'arcivescovo di Granada fra' Fernando di Talavera convertì molti mori, fu giusto e paternale con loro, ma i reazionari, capeggiati dal cardinale Cisneros, prevalsero e si proibì loro l'uso delle armi, s'impose loro un tributo, si bruciarono i loro libri e, più tardi cominciarono le stragi, le conversioni forzate, i giudizi dell'inquisizione e le espulsioni.
    7. Nel 1473 ci fu la prima strage di conversi in Andalusia, nel 1483 si espulsero gli ebrei dalla stessa regione, nel 1486 dall'Aragona, nel 1492 furono espulsi da tutto il regno altri 150.000; 400.000 mori furono espulsi nel 1609, includendo i conversi e loro discendenti (però tali misure non si applicarono ai parenti della famiglia reale, all'alto clero e ai nobili sotto protezione reale.

      Da Firenze il filosofo umanista Giovanni Pico della Mirándola scrisse: “Le sofferenze degli ebrei, per mezzo delle quali si ricreava la gloria e la giustizia divine, era così grande che i cuori dei cristiani si rienpivano di commiserazione”. I contadini mori che restarono in Andalusia furono costretti a lavorare quasi come schiavi per i nuevo padroni castigliani, si proibì loro di usare i vestiti tipici, le leggi, abitudini, lingua, religione e perfino i bagni, e dovevano pagare una multa se non andavano a messa ogni domenica. Più tardi si chiese loro un certificato di 'purezza di sangue' (tra le tante aberrazioni assurde che registra la storia questa ebbe un gran successo, dato che Hitler la riutilizzò in pieno secolo XX), per dimostrare che non avevano avuto antenati arabi o ebrei. Logicamente si chiedeva il certificato alla massa anonima del popolo e non a chi, per la sua condizione politico-sociale, non era conveniente richiederglielo. C'era forse ancora qualcuno in Spagna che non avesse qualche goccia di sangue arabo o ebreo dopo ottocento anni di dominazione araba?

      Basterebbe ricordare che ebrei conversi furono, tra altri, Luis de Santángel, tesoriere della Corona d'Aragona, il quale finanziò in parte il primo viaggio di Colombo, fra' Bartolomé de las Casas, Luis Vives, Francisco Victoria, fra' Luis de León e incluso dei santi, tra i quali Santa Teresa (Stein Teresia Benedicta a Cruce).

      In quanto all'Inquisizione fu il cardinale Jiménez Cisneros, il quale da confessore della Regina giunse ad occupare le cariche di arcivescovo di Toledo, Inquisitore Generale e Governatore del Regno rappresentando il re Fernando, dopo la morte della regina Isabella, che consigliò e insistette affinché fosse istituito il tribunale della Santa Inquisizione in Castiglia e Aragona, e che rappresentasse un tremendo potere nelle mani dei Re, indipendente dal Vaticano. Infatti ogni volta che il Papa cercava d'imporre la sua autorità, per moderare le azioni dell'Inquisizione, si trovò di fronte alla resistenza dei Re, con l'appoggio del cadinale Rodrigo Borja (il futuro papa Alessandro VI, Borgia, il quale più tardi ricevette dagli stessi Re, come ringraziamento, sufficiente oro per poter comprare quasi tutti i cardinali romani ed essere eletto papa). La Santa Inquisizione, che in realtà non era certamente molto santa, agì in modo drastico usando tormenti vari, tra i quali la tortura e bruciando nel rogo le sue vittime, alle quali si confiscavano tutte le loro proprietà che passavano alla Corona.

    8. quando il conte di Tendillas, ambasciatore spagnolo a Roma, convinse Pietro Martire d'Anghiera ad accettare l'offerta dei Re di Spagna di stabilirsi nella loro Corte, il suo amico Pomponio Leto gli consigliò, senza successo, di non andare a vivere in un paese fanatico e semibarbaro.
    9. Isabella del Portogallo fu rinchiusa nel castello d'Arévalo e vi restò durante 42 anni.
    10. La stessa Isabella era cugina di secondo grado di sua madre, nipote di primo e secondo grado della sua bisnonna, e nipote di un cugino di suo padre. Queste strane cobinazioni erano frequenti in ogni famiglia reale e continuarono fino all'epoca moderna, sommandosi le tare familiari con i tristi risultati che conosce ogni studioso di storia.
    11. Le quattro figlie furono Isabella, Giovanna, Maria e Caterina. Isabella sposò il principe Alfonso, erede al trono del Portogallo: rimasta vedova si ritirò in un convento. Emanuele I, cugino del defundo marito, salì sul trono del Portogallo e la richiese in sposa. Isabella accettò di rinunciare ai suo voti con due condizioni che furono immediatamente accettate: che lo sposalizio fosse semplice e che si espulsassero gli eberi dal Portogallo. Nel 1495, a 28 anni, morì di parto e anche il neonato morì dopo poco tempo. Allora il re Emanuele sposò Maria, sorella della morta e, quando anche lei morì, sposò Eleonora, sorella di Carlo V, nipote delle sue due mogli precedenti Isabella e Maria, dato che era figlia di Giovanna la Pazza. Il Re aveva 53 anni, Eleonora 18. Emanuele aveva avuto inoltre dieci figli bastardi.

      Giovanna la Pazza sposò Filippo il Bello, figlio dell'imperatore Massimiliano I d'Austria, e fu la madre di Carlo V. Realmente non si saprà mai in quali momenti o periodi era matta e quanto grave fosse la sua pazzia, come non si saprà mai se il bicchier d'acqua che bevve suo marito Filippo il Bello e che lo condusse diritto alla tomba, era stato avvelenato per ordine di suo suocero Fernando d'Aragona. Giovanna la Pazza era una bella donna, somigliava alla sua nonna paterna, Giovanna Enríquez, la cui bisnonna era ebrea. Visse tormentata dai suoi furori passionali e sessuali, trascorse una buona parte della sua vita rinchiusa nel castello di Tordesillas, prima maltrattata dai suoi carcerieri agli ordini di suo padre Fernando, poi in prigione volontaria durante tutta la reggenza, a suo nome, di suo figlio Carlo V. Era così gelosa di suo marito, Filippo il Bello, il quale se la spassava allegramente con le dame fiamminghe della sua Corte, che giunse al punto di sfigurare i visi delle sue donzelle, schiave more, affinché suo marito non cercasse di aver anche con loro relazioni sessuali.

      Caterina si sposò con il principe Arturo d'Inghilterra, erede al trono. Quando lui morì si sposò con suo fratello, Enrico VIII, il quale la ripudiò per sposare Anna Bolena, causando lo scisma d'Inghilterra e la sua separazione dalla Chiesa romana e iniziando così la serie di mogli ripudiate o decapitate.

      Il principe don Giovanni sposò Margherita (Margot) d'Austria. Dopo lo sposalizio tutti e due si rinchiusero nella loro stanza da letto, assetati d'amore. Trascorsero i giorni, poi le settimane, ma i principi non uscivano dall'alcova, allora Isabella, madre di don Giovanni, dette l'ordine di buttar giù la porta ed allora apparve il Príncipe debole, magro e pallido che sembrava un fantasma. E realmente si convertì in fantasma dopo pochi giorni, andando diritto all'altro mondo.

    12. Il papa Pio IV denunciò pubblicamente la discendenza mora di Fernando d'Aragona e quella ebrea d'Isabella di Trastámara. Inoltre Alfonso V di Castiglia aveva avuto anche nonni bereberi. Nel 1560 il cardinale Mendoza pubblicò un opuscolo dimostrando che tutta la nobiltà spagnola aveva anche sangue ebrea e mora.
    13. “Il Principe”, capitolo XXI

    Se desiderate fare qualche commento o chiedere qualche chiarimento su Cristoforo Colombo per favore comunicatevi con l'autore, via e-mail. Grazie.
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